Avete già deciso cosa portare in tavola durante i cenoni di Natale e Capodanno? In quelle che si preannunciano come festività natalizie di magro, a causa dei rincari continui dei generi alimentari e dei carburanti, ecco che molte persone durante il cenone magari pensano di portare qualche pietanza a base di salmone. Dalle classiche tartine ai rotolini di pane e salmone, per arrivare ai primi e ai secondi, il salmone fa sempre la sua bella figura. Il problema, però, è che forse il salmone non è un pesce poi così sostenibile. Se stai cercando di passare un Natale che sia il più sostenibile e green possibile, ti conviene optare per un altro pesce.
Il salmone non è un pesce sostenibile
Prima di tutto, gli allevamenti di salmone non sono certo un posto dove si pensa a tutelare il benessere animale. Si tratta quasi sempre di allevamenti estensivi dove i salmoni vivono in grosse vasche tutti ammassati e dove, spesso, ci sono parecchi soggetti ammalati. Anche per quanto riguarda il salmone di cattura, considerando che è issato vivo sulle barche per essere macellato senza applicare una forma di stordimento, ecco che tutto ciò fa capire quanto l’allevamento di tale pesce non sia sostenibile.
E questo senza considerare i rifiuti generati da tali allevamenti. Fra di essi figurano anche sostanze chimiche e antibiotiche che, spesso, finiscono con l’essere riversati nelle acque dei mari e degli oceani, andando così a inquinare anche l’ambiente.
Nonostante ciò, la popolarità del salmone come pesce è in aumento. La sua produzione è salita e non solo perché è cresciuta anche la fama del sushi a livello mondiale, ma anche perché il salmone è allevato anche per produrre oli e farine che vanno poi a far parte dell’alimentazione di altri pesci.
Se nonostante tutto ciò, siete ancora intenzionati a mettere in tavola a Natale il salmone, ricordatevi due cose. La prima è che quel bel colore rosa del salmone d’allevamento non è naturale. I salmoni di cattura hanno le carni rosa perché possono nutrirsi liberamente di gamberetti e krill che danno al salmone quel colore. Ma in allevamento, dove i pesci sono nutriti con farine, per sopperire a questa carenza, ecco che gli allevatori aggiungono al mangime l’astaxantina. Si tratta, in pratica, di una sostanza che dona alle loro carni il tipico colore rosato.
Inoltre occhio anche ai rischi sanitari. Talvolta il salmone fresco (e ogni tanto anche quello affumicato a dire il vero) possono subire contaminazioni batteriche. Per esempio, è il caso della Listeria monocytogenes, batterio che può contaminare sia il prodotto fresco che le preparazioni gastronomiche già pronte, quelle che sono destinate a essere mangiate senza ulteriore cottura.
Per quanto riguarda il rischio di contaminazione da larve di Anisakis, in linea teorica il salmone d’allevamento dovrebbe essere a minor rischio. E questo perché maggiormente controllato. Tuttavia lo stesso non si può dire del salmone da cattura.
Un recente studio pubblicato su PLoS Sustainability and Trasformation, poi, ha sottolineato il concetto secondo il quale la produzione di salmoni d’allevamento non è più sostenibile. E questo soprattutto perché una gran parte del pesce pescato è destinata a nutrire i pesci d’allevamento. Ma se tale parte fosse mangiata dall’uomo e non da altri pesci, ecco che si farebbe un netto favore all’ambiente.
Secondo lo studio sarebbe meglio che il pesce selvatico pescato fosse destinato principalmente all’alimentazione umana e non all’alimentazione degli altri pesci d’allevamento. Al posto di nutrirsi principalmente di salmone, complici anche le campagne pubblicitarie che ci continuano a dire che dobbiamo assumere più omega 3 (anche quando magari non ce n’è bisogno), ecco che potremmo mangiare più acciughe, sardine o altri pesci che, invece, finiscono con l’andare a nutrire i salmoni.