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Cassoni di raccolta differenziata

Tari 2025 esente per alcune famiglie: ecco quali requisiti bisogna avere e cosa fare per non pagare

La TARI deve essere pagata anche per immobili disabitati se sono predisposti all’uso, mentre esenzioni sono possibili solo per edifici inagibili o oggettivamente inutilizzabili.

La tassa sui rifiuti, conosciuta come TARI, è un argomento di grande rilevanza per molti cittadini, in particolare in un periodo di difficoltà economica. Questo tributo rappresenta una fonte fondamentale di finanziamento per i Comuni, destinato al miglioramento dei servizi di raccolta e gestione dei rifiuti. Tuttavia, ci sono diverse domande riguardanti le circostanze in cui la TARI deve essere pagata, specialmente per quanto riguarda gli immobili non abitati.

Cassoni di raccolta differenziata

Normativa e struttura della tassa sui rifiuti

La TARI è regolamentata dal Decreto Legislativo del 15 novembre 1993, numero 507. Questa tassa si basa su un sistema di calcolo che considera sia la superficie dell’immobile sia il numero di abitanti. In sostanza, ogni contribuente è tenuto a pagare una tassa fissa che dipende dalle dimensioni della propria abitazione e dal numero di persone residenti, senza che venga presa in considerazione la quantità effettiva di rifiuti generati. La gestione e la definizione delle tariffe TARI sono di competenza degli enti locali, che stabiliscono le aliquote in relazione ai costi complessivi per il servizio di gestione dei rifiuti e secondo le normative nazionali vigenti.

Molti cittadini si chiedono se sia necessario pagare la TARI nel caso in cui l’immobile sia disabitato. La normativa attuale stabilisce che la TARI deve essere versata semplicemente per il possesso di un immobile idoneo a generare rifiuti, indipendentemente dal suo utilizzo o dalla presenza di utenze attive.

Condizioni per l’esenzione dalla tassa sui rifiuti

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, il pagamento della TARI è obbligatorio anche se l’immobile non è attualmente utilizzato, a condizione che esso sia predisposto per l’uso. Ciò implica che non basta la mancanza di un contratto attivo con i fornitori di servizi come luce, acqua o gas; affinché la tassa non sia dovuta, è necessario che nell’immobile manchino le diramazioni per le utenze, oppure che queste siano completamente chiuse. In altre parole, se l’immobile è pronto per l’attivazione delle utenze con un semplice contratto, il pagamento della TARI è ancora richiesto. Se, al contrario, sono necessarie opere strutturali per rendere l’immobile utilizzabile, allora non si ha l’obbligo di pagamento.

Per ottenere l’esenzione dalla TARI, è necessario dimostrare che l’immobile sia diventato oggettivamente inutilizzabile e, di conseguenza, non in grado di produrre rifiuti. Questa condizione non può essere semplicemente presunta, ma deve essere dimostrata attraverso elementi oggettivi o documentazione adeguata.

Esempi di immobili esenti dalla tassa sui rifiuti

Ci sono diversi tipi di immobili che, per loro stessa natura o per l’uso a cui sono destinati, non producono rifiuti e sono quindi esenti dalla TARI. Tra questi, si possono includere:

Fabbricati oggettivamente inagibili e non utilizzati.
Fabbricati in fase di ristrutturazione, restauro o risanamento conservativo, a condizione che ci sia una regolare autorizzazione e che l’esenzione sia limitata al periodo di validità dei permessi.
Locali riservati a impianti tecnologici senza presenza umana, come cabine elettriche o vani ascensori.
Aree destinate a impianti sportivi, escluse le strutture accessorie come spogliatoi o servizi igienici.
Edifici destinati al culto pubblico.
Aule utilizzate esclusivamente per attività di catechismo.

Il regime TARIP e le sue implicazioni

In molte località, è già in vigore il regime TARIP, che rappresenta un’evoluzione della TARI tradizionale, promuovendo un approccio più equo alla tassazione. Questo sistema premia i cittadini che producono meno rifiuti, poiché la tariffa si calcola in base al volume o peso effettivo dei rifiuti generati. Coloro che riducono la produzione di rifiuti o migliorano la differenziazione, quindi, beneficiano di costi inferiori.

La struttura della TARIP si compone di due componenti principali: una quota fissa, determinata in base alla superficie dell’immobile, e una quota variabile, che si basa sulla quantità effettiva di svuotamenti dei rifiuti. Ogni utente ha una soglia minima di svuotamenti annuali, e se supera tale limite, è tenuto a pagare un sovrapprezzo per ogni svuotamento aggiuntivo.

Inoltre, il costo degli svuotamenti è calcolato in base al peso dei rifiuti conferiti e monitorato tramite dispositivi elettronici che registrano ogni svuotamento, permettendo così di determinare con precisione l’importo dovuto.

Diffusione del sistema TARIP in Italia

Secondo le statistiche più recenti, in Italia sono almeno 872 i Comuni che hanno adottato il regime TARIP, corrispondente all’11% delle amministrazioni comunali e al 10,8% della popolazione. La regione con il maggior numero di Comuni che applicano questo sistema è il Veneto, dove 251 Comuni su un totale di 571 hanno implementato la TARIP, coprendo quasi il 44% della popolazione regionale, pari a oltre 1,9 milioni di abitanti. Seguono il Trentino Alto Adige e la Lombardia, che stanno progressivamente adottando modelli simili.