La coltivazione dei pomodori è un problema di estrema attualità nel Regno Unito, così come in tante altre parti d’Europa. Adesso nella lista dei Paesi che accusano il colpo figura pure una vicina di casa, segnata soprattutto da un paio di criticità.
Si diffonde a macchia d’olio la crisi produttiva dei pomodori
Attraverso le pagine dell’Irish Times, l’agricoltore Martin Flynn, peraltro esponente del comitato per gli ortaggi da campo dell’organismo nazionale, illustra la crisi patita in Irlanda. Gli operatori del campo hanno dovuto posticipare la produzione a marzo-aprile (anziché il consueto mese di maggio), dato l’incremento esorbitante dei costi dell’energia.
Il conflitto scoppiato in Ucraina, a causa dell’invasione dell’esercito russo di Vladimir Putin, ha provocato questo e altri scompensi, con cui tutto il mondo sta facendo i conti. I rincari dei servizi di fornitura, combinato alle (presunte) manovre speculative, complicano il quadro. Se pensiamo che le spese incidono del 30 per cento sul totale allora il malumore è di facile comprensione.
C’è poco da stare sereni, anche per via di un ulteriore fattore, altrettanto da prendere in esame. Il maltempo sofferto da Spagna e Marocco, due dei principali Stati importatori, contribuisce al malessere generale. Le basse temperature non giovano, di certo, all’attività degli agricoltori irlandesi. Che invocano un aiuto alle istituzioni territoriali, sulla falsariga di quanto già avvenuto lo scorso anno.
Il Governo aveva allora erogato un incentivo complessivo di 2,8 milioni di euro, a causa della già sopra richiamata crisi geopolitica e socioeconomica. Flynn sottolinea l’importanza di dare una mano concreta alla produzione locale. Oltre a bei proclami – tuona – servono azioni concrete. Inoltre, crede sia opportuno un cambio di passo pure da parte dei rivenditori, i quali dovrebbero favorire la filiera interna. La coltivazione dei pomodori è possibile da marzo a novembre, purché il tessuto economico poggi su solide fondamenta.