Si sta parlando tanto in questi giorni dei granchi blu, specie invasiva arrivata dall’America che sta invadendo le nostre acque e che mette a rischio l’ecosistema e la biodiversità. Una delle proposte più gettonate al momento è quella di sdoganarlo come specie da destinare all’alimentazione (cosa che molti cuochi e chef di ristoranti anche famosi stanno facendo da anni). Però non tutti sono concordi sul fatto che in questo modo si risolverà del tutto il problema.
I granchi blu non spariranno mangiandoli
Gianmichele Passarini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Veneto, ha sottolineato che un’emergenza come quella dei granchi blu non sparirà “mangiandoli” e trasformandoli in un “ricettario”. Questo quanto dichiarato: “Di certo non si può ridurre un’emergenza di tale portata, che sta mettendo in crisi migliaia di attività, con pesantissime ricadute negative in termini economici, a un ‘ricettario’ nel quale esaltare la bontà del granchio blu. È una mera illusione sperare di sradicare totalmente questa specie nel breve-medio periodo”.
Il problema è più diffuso di quanto non si pensi. Per riprodursi ha bisogno di 25 parti per milione di salinità. A causa della siccità e della risalita del cuneo salino, tale condizione non la si trova più solo nei mari, ma anche nelle lagune e nelle foci dei fiumi.
Certo, organizzare una filiera e sdoganare il granchio blu come specie commestibile, aumentandone la pesca e la diffusione in mercati e ristoranti potrebbe essere d’aiuto. Ma il vero motivo per cui si è diffuso sono i cambiamenti climatici: se non si agisce per arginare quelli, sempre più specie invasive arriveranno a distruggere quelle autoctone.
Nel frattempo, ecco che il Veneto ha posizionato circa 300 nasse nelle lagune del Delta del Po, in modo da cercare nei prossimi due mesi di arginarne la diffusione e tenere d’occhio i suoi spostamenti.
Avete già provato a mangiare il granchio blu? Dicono che abbia un sapore più delicato rispetto ai granchi classici, più simile alla granceola.