È un dato di fatto: i cambiamenti climatici sono in atto e rimarranno con noi per un bel po’. Anche se si sta lavorando per invertire la tendenza del surriscaldamento globale, non è detto che ci si riesca. E anche se ci si riuscirà, ci vorrà parecchio tempo. Questo vuol dire che dobbiamo imparare a conviverci. Per esempio, bisogna imparare a coltivare in maniera diversa albicocche e pesche.
Come coltivare albicocche e pesche ai tempi dei cambiamenti climatici?
Arrabbiarsi perché i cambiamenti climatici stanno cambiando la produzione di frutta e verdura è lecito. Ma incaponirsi e non voler modificare nulla nelle proprie metodiche produttive per adattarsi a tali cambiamenti è assai controproducente.
Lo sanno bene i coltivatori di piante da frutta. In particolare i metodi tradizionali di coltivazioni di colture come quelle delle albicocche, delle pesche o anche delle prugne devono per forza di cosa cambiare.
In questo specifico caso è necessario adottare un sistema basato su una gestione migliore delle risorse idriche, vista la costante siccità che ci sta accompagnando in Italia da mesi.
Inoltre bisognerebbe anche cercare di ridurre la manodopera, adoperando di più sistemi meccanizzati. Tuttavia bisogna anche ammettere che, con i rincari dei carburanti e dell’elettricità degli ultimi tempi, non è certo facile pensare a meccanizzarsi di più: i costi aumenterebbero di parecchio.
Secondo quanto spiegato da Andrea Betti, presidente di Confagricoltura, ad AgriFood, il problema è che non possibile a breve dirigersi verso sistemi più meccanizzati in quanto manca il supporto della ricerca, per anni bloccata dall’ambientalismo.
Per Betti il futuro è rappresentato da strade alternative come il genoma editing e la sostituzione dei fitofarmaci con prodotti più naturali, ma ci vorrà tempo prima di riuscire a imboccare queste direzioni.
Betti ha poi anche parlato del problema costituito dai prezzi presentati alla GDO: bisogna che il settore agroalimentare presenti un fronte comune e stabilisca prezzi definiti, in modo da evitare che la GDO possa svendere i prodotti acquistati. Tale pratica non causa problemi solo agli agricoltori, ma anche ai consumatori.
La svendita sistematica delle pesche nettarine da parte della GDO, per esempio, ha comportato il fatto che i consumatori non le comprino più.
Questo perché i produttori, per riuscire ad andare in pari con i prezzi al ribasso della GDO, hanno iniziato a coltivarne di più sempre sugli stessi terreni, riducendo il numero dei raccolti. Tutto ciò si è tradotto con una perdita di qualità del prodotto, cosa di cui i consumatori si sono accorti, cominciando a non comprarle più.