E se la carta igienica di bambù non fosse proprio tutta di bambù? Pare che sia quello che ha scoperto una recente ricerca inglese: quella di alcuni marchi non contiene esattamente tutto il bambù promesso. L’indagine realizzata dalla rivista di consumatori Which? ha esaminato 5 importanti marchi di carta igienica di bambù. Ovviamente si trattava di marchi venduti nel Regno Unito. Ebbene, i risultati ottenuti sono stati a dir poco scoraggianti: tre marchi non contenevano poi così tanto bambù.
Carta igienica di bambù o altro?
Quello che l’indagine ha rivelato è che tre marchi su cinque di carta igienica di bambù non erano composti al 100% di bambù, così come pubblicizzato. Infatti nei campioni esaminati di bambù ne è è stato trovato poco. La maggior parte di queste carte igieniche contenevano tracce di legni duri a crescita veloce, soprattutto eucalipto e acacia.
Quindi le suddette carte igieniche di bambù erano bel lungi dall’essere composte di fibra ecologica e sostenibile (anche se, parlando di sostenibilità e di bambù, ci sono già stati dei dubbi in merito alle cannucce di bambù), anzi. In Indonesia l’acacia è collegata alla deforestazione.
In particolare, in un rotolo di carta igienica solamente il 2,7% della fibra derivava dal bambù. Il che vuol dire che, forse, questi prodotti non sono poi così sostenibili come volevano darci a intendere.
Va anche precisato nuovamente che l’indagine si riferisce a marchi che in Italia non troviamo. Quindi non sappiamo esattamente quale sia la situazione qui da noi. A peggiorare le cose, poi, ci si mette il fatto che queste marche erano state certificato dal Forest Stewarship Council (FSC). Il che fa sorgere dei dubbi: come hanno fatto queste marche a ottenere la certificazione che garantisce la corretta e responsabile gestione delle foreste?
Ovviamente l’FSC si è dichiarato preoccupato da tali risultati e sta procedendo a indagare sulla questione insieme ai marchi segnalati.
Per correttezza, va segnalato come Which? abbia chiesto spiegazioni alle varie aziende. Una ha risposto sostenendo di aver evidenziato un problema nella catena di rifornimento, prendendo provvedimenti affinché il tutto non potesse più ripetersi. Un’altra azienda ha ammesso di aver avviato un’indagine in tal senso, di concerto con l’FSC e il produttore. Il terzo marchio, invece, ha contestato la validità e i metodi usati nel test.