Tanto buono quanto dannoso, il cibo con alto valore aggiunto è ormai parte integrante della nostra dieta, per quanto se ne assume oggi è un’importante causa di scompensi alimentari e obesità.
Questa categoria di alimenti comprende tutti quei cibi che sono lavorati in azienda e hanno una lunga catena di lavorazione. cibo lavorato e ultra-processato sta avendo un impatto negativo non solo sulla salute delle persone ma anche su quella del pianeta, contribuendo alla perdita di biodiversità. Secondo gli esperti ,gli effetti negativi del cibo lavorato sulla salute umana iniziano ad essere ben documentati mentre mancherebbe ancora la consapevolezza degli effetti nocivi sul pianeta.
La salute globale compromessa
Per cibo lavorato si intende quegli alimenti che dalla loro origine agricola arrivano sulle nostre tavole subendo pesanti processi di lavorazione. Snack, bibite, merendine, prodotti confezionati, cibi precotti, piatti pronti. Tutti gli alimenti che oltre agli ingredienti di base trovano aggiunti aromi, coloranti e conservanti dopo una lunga serie di processi industriali.
Si tratta di prodotti ormai sempre più diffusi, parte di una dieta che si va globalizzando e omogeneizzando in gran parte del pianeta. La loro presenza sta diventando dominante nelle abitudini alimentari attorno al globo con vendite e consumi in crescita in tutti i paesi e in particolare quelli a reddito medio alto e medio basso. Il fenomeno sta creando concrete preoccupazioni riguardo l’impatto del cibo con alto valore aggiunto sulla salute del comparto agricolo.
Un rischio per gli equilibri naturali
Impatto notevole sulla biodiversità agricola, incidendo sulla varietà di animali, piante e microrganismi legati all’agricoltura. Per colpa del cibo lavorato quindi non solo la salute dell’uomo sarebbe a rischio, ma anche la diversità genetica delle piante destinate alla nostra alimentazione in una sorta di circolo vizioso.
Si stima che ad oggi più di 7.000 specie vegetali contribuiscano all’alimentazione del genere umano, ma solo meno di 200 specie hanno visto un utilizzo massiccio nella produzione di cibo lavorato nel 2014 e circa solo 9 colture rappresentano oltre il 66% di tutta la produzione agricola mondiale. Circa il 90% dell’apporto calorico della civiltà umana arriva da sole 15 piante e circa 4 miliardi di persone dipendono solo da 3: riso, grano e mais. Si tratterebbe di una situazione precaria di salute biologica, indicano gli esperti, che la diffusione del cibo lavorato nel mondo starebbe acuendo.
Il declino della biodiversità sta quindi danneggiando quegli ecosistemi che supportano una produzione alimentare diversificata e sostenibile. La nostra voglia di cibo lavorato compromette la salute dell’intero sistema agricolo, riducendo la diversità alimentare globale ed esponendoci a rischi concreti per il futuro aumentando la nostra dipendenza da poche colture ad alto rendimento.
Secondo gli esperti sarà fondamentale che il cibo lavorato e il suo impatto sulla salute del pianeta diventi parte delle discussioni nelle piazze internazionali sui sistemi alimentari globali. La perdita di biodiversità causata dagli alimenti ultra lavorati sarebbe infatti un rischio che rischia di coinvolgere tutti i paesi in modo trasversale.