Una pianta dalle proprietà medicinali e che può anche essere usata in cucina è il rabarbaro. Qui da noi in Italia, a dire il vero, non è molto diffuso il suo utilizzo, ma in Cina e negli Stati Uniti è un vegetale ben conosciuto. E questo lo sa bene chi si sia cimentato in qualche ricetta a base di rabarbaro visto che riuscire a trovarlo nel periodo giusto è una mission impossibile. Ma andiamo a conoscere meglio questo vegetale, con un occhio di riguardo anche ai possibili effetti collaterali causati da una sua errata assunzione.
Rabarbaro, dove cresce e proprietà nutrizionali
Il rabarbaro (fra cui il Rheum rhabarbarum) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Polygonaceae. Ne esistono diverse specie (la varietà più pregiata è quella cinese, il Rheum palmatum che, però, viene coltivato a scopo ornamentale), ma tutte hanno foglie di grandi dimensioni con gambo rossastro o verdastro. Fra i principi attivi nel rizoma, ricordiamo la reina e i tannini. A dosi basse, il rabarbaro può stimolare la secrezione gastriche e biliari, facilitando la digestione e depurando il fegato. Inoltre ha anche un certo effetto lassativo (effetto che aumenta al salire della dose).
Il problema, però, è che, se assunto in quantità eccessive, peggiora la diarrea e irrita le pareti intestinali.
Sui capelli e sulla pelle ha attività purificatrice, regola la produzione di sebo ed è anche un antimicotico. Occhio però che tende a schiarire i capelli, soprattutto quelli più chiari.
Come pianta, è abbastanza rustica e adattabile, ma preferisce terreni mediamente umidi, possibilmente in piena luce (ma nelle zone più calde non disdegna l’ombra). Le foglie vengono raccolte da aprile e giugno, mentre il rizoma in autunno.
Per cosa si usa? Dalla medicina alla cucina
Il rabarbaro viene usato sia a scopo medicinale nella medicina tradizionale cinese che in cucina. Partendo dal suo utilizzo medico, solitamente si sfrutta il rizoma del Rheum palmatum, anche se tutte le specie hanno le medesime proprietà, seppur con una certa differenza di contenuto dei principi attivi. Solitamente il rabarbaro viene assunto sotto forma di polvere, come decotto o anche come estratto idroalcolico. Spesso lo si usa sotto forma di infuso o tisana partendo dalla radice essiccata, aggiungendo anche un po’ di zucchero.
Nel settore alimentare, trova impiego per produrre liquori e amari digestivi, amari a basi d’erbe o anche aperitivi. Per fare ciò si usano i piccioli: questi vengono usati per preparare anche torte, confetture e chutney. Particolarmente gettonata la confettura di rabarbaro e fragole, usata spesso per fare crostate e biscotti. Da non usare le foglie al posto degli spinaci in quanto troppo ricche di acido ossalico.
A seconda della varietà il gusto cambia: quelle con gambo verde è aspro e amaro, quello con gambo rosso è dolce, mentre quello con gambo rosso e polpa verde è dolce con retrogusto acido
Effetti collaterali del rabarbaro
Prima di precipitarvi a preparare una crostata al rabarbaro o la confettura, è bene sapere che la sua assunzione deve essere moderata in quanto, in quantità eccessive, provoca diversi effetti collaterali fra cui un certo effetto lassativo.
L’uso del rabarbaro è del tutto sconsigliato non solo in gravidanza, allattamento e nei bambini piccoli, ma anche in chi soffre di:
- malattie infiammatorie croniche dell’intestino come colon irritabile o morbo di Crohn
- problemi renali
- disturbi epatici
- calcoli (le foglie sono particolarmente ricche di acido ossalico)
- ulcere gastriche
- ostruzioni intestinali
- emorroidi