Il rito del caffè è irrinunciabile per tantissime famiglie in tutto il mondo, “sacro” qui in Italia. Qualora berlo al termine dei pasti e durante la giornata sia una tradizione fissa, sarete colpiti dall’ultimo studio. Su PLOS Climate il Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) Oceans & Atmosphere ha rilevato gli effetti sulla sua produzione del cambiamento climatico.
Anche il caffè risente del cambiamento climatico, con ripercussioni sul prezzo
Numeri alla mano, l’emergenza sofferta dall’ecosistema può avere delle serie ripercussioni pure su tale versante. Secondo quanto sostengono gli autori, il progressivo aumento delle temperature rischia di costare caro, sotto ogni punto di vista. In nessuna delle regioni esaminate incide il troppo freddo, a differenza del troppo caldo.
La squadra di lavoro interessatasi al tema ha preso in esame i valori di produzione del caffè dal 1980 al 2020 nei 12 Paesi principali del settore. Si è focalizzata su tre valori, quelli ritenuti, in maniera unanime, di incidenza superiore: la temperatura, le precipitazioni e l’umidità.
Nella fattispecie, ricoprono un ruolo essenziale le prime due voci. Per quanto riguarda la tipologia arabica deve attestarsi nelle fasce 18-22 °C e 1.400-2.000 millimetri all’anno, mentre la robusta ha necessità di temperature nell’ordine dei 22-28 °C e in precipitazioni tra i 2.000 e i 2.500 millimetri.
Gli analisti hanno individuato ben 12 rischi climatici, potenzialmente in grado di assestare un duro colpo all’intero comparto. Purtroppo, il recente trend è alquanto allarmante: cinque dei sei anni più pericolosi hanno avuto luogo dal 2010 in avanti.
Malgrado non siano disponibili le statistiche del 2021 e del 2022, il timore è di assistere a un deciso incremento degli choc termici. Lo scarso raccolto e il prosciugarsi delle scorte potrebbero arrecare dei seri danni ai bilanci delle famiglie. Ciò poiché la minore reperibilità provocherebbe un incremento dei prezzi sul mercato.