L’esplosione dello smart working ha cambiato in modo significativo le abitudini di ogni giorno di molte persone. Che piaccia o meno, è stata una novità molto importante nel quotidiano, resta da stabilire se abbia avuto un qualche impatto sulla salute dell’ecosistema.
La correlazione tra lo smart working e l’inquinamento
Spesso vi raccontiamo delle buone pratiche, volte a ridurre la quantità di smog propagato nell’ambiente. L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si è messa all’opera per stabilire se lo smart working sia una di queste. Nella ricerca condotta ha preso in esame quattro delle principali città italiane: Trento, Torino, Bologna e Roma.
Ebbene, stando alle rilevazioni pubblicate sulla rivista di settore Applied Sciences, i pro dello smart working sono molteplici, pure a livello di inquinamento. Ogni anno consente una riduzione di 600 kg di anidride carbonica. Un dato non trascurabile, così come non lo è il risparmio di tempo ed economico.
I calcoli, relativi al periodo pre Coronavirus (2015-2018), riportano un calo di 150 ore alla guida per percorrere 3.500 km complessivi, e di carburante, nella misura di 237 l di gasolio o 260 l di benzina. La scelta delle quattro città è dipesa dalle peculiarità di ciascuna di esse e dalla ricettività degli operatori della Pubblica Amministrazione.
Su base giornaliera, le emissioni di anidride carbonica si riducono di 6 kg e il carburante pro capite di 85 megajoule (MJ). In aggiunta, sono stati riscontrati dei progressi attinenti alle sostanze nocive emesse nell’ambiente, relativi a ossidi di azoto, monossido di carbonio, PM2,5 e PM10.
Per farla breve, lo smart working è conveniente sia in quanto alle uscite di denaro dei lavoratori sia di inquinamento. Una svolta importante della quale vanno a beneficiare tutti gli attori coinvolti. Probabilmente nei prossimi anni la formula verrà sempre più adottata, pure dalle aziende private, o perlomeno ci speriamo, alla luce dei numeri diffusi da ENEA.